Le prove raccolte dal datore di lavoro attraverso un controllo illimitato della posta elettronica aziendale in uso al dipendente, ovvero realizzato indistintamente su tutte le comunicazioni presenti nell’indirizzo di posta elettronica e senza limitazioni di tempo, costituiscono una ingiustificata violazione dei diritti di dignità e di corrispondenza presidiati anche dalla disciplina sul trattamento dei dati personali. La Cassazione 18168/2023 ha confermato in questi termini la sentenza della Corte d’appello di Milano, che aveva respinto il ricorso di una banca contro la decisione di ritenere inutilizzabili le prove raccolte attraverso il controllo massiccio e indiscriminato della posta elettronica in dotazione al dirigente.