La Corte di Cassazione traccia in modo ampio i confini di applicabilità dell’art. 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, il quale prevede che il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste il coniuge o un parente con handicap in situazione di gravità ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede. Tale facoltà permane sia al momento iniziale di instaurazione del rapporto, sia in ipotesi di domanda di trasferimento. Per la Cassazione, infatti, circoscrivere l’agevolazione in favore dei familiari della persona disabile al solo momento della scelta iniziale della sede di lavoro, equivarrebbe a escludere dall’ambito di tutela tutti i casi di esigenze di assistenza sopravvenute in un momento successivo, compromettendo i beni fondamentali tutelati dalla Costituzione.